DECANDENZE INCENTIVI: IL GSE HA 18 MESI
Il DL Semplificazioni impone anche al GSE il rispetto di tutte le regole del procedimento amministrativo.
La c.d. Legge Madia e il limite dei 18 mesi dopo il quale l’autotutela non è più esercitabile ora è imposto anche al GSE. L’Ente si è sempre sottratto all’applicazione del limite temporale – e tale interpretazione alla fine ha prevalso anche in Giurisprudenza. Il DL Semplificazioni ora chiarisce che non è (non era) così, ed estende agli operatori del settore energia le garanzie di tutti gli altri. Adesso è il momento di chiedere la revisione di tutte le decadenze (totali e parziali) non definitive.
- Premessa
- Una novità dirompente
- Il Legislatore di oggi prende posizione: la novità del DL semplificazioni e della Legge di conversione
- E ora? Cosa può e deve fare un soggetto responsabile quando sarà controllato? E quali strumenti per chi sta subendo ora una verifica o l’ha già subita in passato?
1. Premessa
- Erogatore e controllore
Il Gestore dei Servizi Energetici S.p.A. è l’Ente tenuto al controllo della presenza e sussistenza dei presupposti per l’incentivazione nel settore energetico (produzioni di energia elettrica da FER, cogenerazione, efficienza energetica). Incentivazione che il GSE stesso eroga.
L’equivoco di fondo: controllare e punire in ogni caso di difformità
Nell’impianto stabilito dal Legislatore per i controlli in materia di incentivi (la disposizione base è l’art. 42 del D.Lgs. n. 28/2011) si può leggere un intento velatamente punitivo nei confronti dei soggetti responsabili degli impianti. Gli interpreti e i Legislatori successivi a quelli che hanno concesso gli incentivi leggono infatti la corsa agli stessi (spesso determinata dagli stessi meccanismi a tempo o a soglia stabiliti dalle norme incentivanti) e l’elevato valore delle tariffe come due elementi capaci di scremare solo i peggiori, vale a dire gli operatori più propensi al rischio (e quindi anche all’uso di escamotage entro e oltre i limiti del lecito). Teniamo presente che se anche vi sono stati casi che rispondono a questa descrizione, a volte anche estremi, la realtà è ben diversa. Nella maggior parte dei casi che abbiamo visto nel corso della nostra attività (e ci dedichiamo all’energia dall’inizio della nostra professione) chi ha operato e opera nel settore appartiene alla miglior parte della nostra economia. Si tratta di professionisti, sviluppatori, imprenditori, investitori che hanno dedicato tempo e risorse alla realizzazione di progetti che producono energia con un minimo impatto ambientale. In un clima di difficoltà dato dalla novità del settore, dalle difficoltà burocratiche e – non ultimo – dai meccanismi di incentivazione spesso oscuri e incerti. Si ricordi inoltre che gli alti livelli di incentivazione di un tempo servivano a rendere possibile lo sviluppo di tecnologie e competenze – e corrispondevano ad altissimi costi di realizzazione. Bene, oggi con alti e bassi e in modo sicuramente migliorabile, il sistema incentivale si sta stabilizzando e affinando e molte tecnologie possono essere impiegate in grid parity. Oggi molti soggetti responsabili si sono trovati e si trovano sotto verifica da parte del GSE, con l’incertezza data anche dall’equivoco di fondo appena descritto. - La domanda
Sino a quando, dalla data di riconoscimento degli incentivi, il GSE può tornare sui suoi passi e ridurre o revocare gli incentivi con effetto retroattivo rispetto al proprio atto di riconoscimento?
Questa è la domanda che spesso gli operatori ci pongono quando, increduli, subiscono procedimenti di verifica da parte del GSE parecchi anni dopo il riconoscimento dell’incentivo e si sentono richiedere o contestare elementi che dovrebbero essere stati alla base del procedimento di ammissione all’incentivo. Incredulità mista a timore, naturalmente. Infatti, i soggetti responsabili sanno bene che il procedimento di verifica può sfociare in un provvedimento negativo – a volte esiziale – per l’incentivo ottenuto dall’impianto e quindi per l’investimento alla base dell’operazione. - La risposta
Oggi, per fortuna, alla domanda è possibile dare una risposta, grazie al DL Semplificazioni (nel testo definito dalla sua Legge di conversione n. 120/2020). Questa risposta conforterà di certo gli operatori: non oltre 18 mesi dal riconoscimento dell’incentivo.
Il DL semplificazioni stabilisce ciò all’art. 56, comma 7 che (finalmente) chiarisce che il GSE può disporre la decadenza dagli incentivi, solo in presenza dei presupposti fissati dall’articolo 21 nonies della legge n. 241/1990. Tra questi spicca il presupposto temporale: il provvedimento deve essere assunto entro un termine non superiore a 18 mesi.
2. Una novità dirompente
- Una novità dirompente
Perché si tratta di una novità così significativa? Cosa ha necessitato un intervento in un DL così importante?
Per capirlo occorre fare un passo indietro. - L’autotutela e i suoi limiti
Tutte le Amministrazioni dello Stato sottostanno a una Legge fondamentale sul procedimento amministrativo, la L. n. 241/1990. In questa Legge l’articolo 21 nonies (introdotto dalla c.d. Legge Madia, n. 124/2015) stabilisce che l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio dei provvedimenti ritenuti illegittimi dalle stesse Amministrazioni che li hanno adottati debba essere esercitato entro un termine ragionevole e comunque non oltre 18 mesi dalla loro adozione. Inoltre, presuppone che sussista un interesse pubblico alla sua rimozione e che si tenga conto degli interessi dei destinatari, dei controinteressati e dell’organo che l’ha emanato. La norma precisa tra l’altro, che restano ferme le responsabilità connesse all’adozione del provvedimento illegittimo. - Il GSE e altri limiti
Bene, il GSE ha – sin dal 2015 – ritenuto e sostenuto che tale disposizione, valida per tutti i procedimenti amministrativi, non si dovesse applicare ai propri, continuando, tuttavia, ad applicare le altre disposizioni della Legge n. 241/1990.
Sin dall’inizio noi abbiamo sostenuto – in scritti, confronti, atti giudiziari – il contrario, per tutti i casi dei nostri Clienti che si sono trovati a fronteggiare una revoca o una decurtazione dell’incentivo a distanza anche di dieci anni dal suo riconoscimento. Purtroppo, la Giurisprudenza amministrativa nel corso degli anni ha avallato tale orientamento sostenendo che il provvedimento con cui il GSE ritira l’atto di riconoscimento del diritto alla percezione degli incentivi fosse un atto vincolato di decadenza accertativa dell’assodata mancanza dei requisiti oggettivi condizionanti sin dall’inizio l’ammissione al finanziamento pubblico (Consiglio di Stato, sentenza n. 50/2017) ed escludendo così che il provvedimento di decadenza fosse manifestazione di potere di autotutela (ad esempio, Consiglio di Stato, sentenze nn. 8442/2019 e 6118/2019).
La Giurisprudenza, infatti, ha chiarito che riteneva che il GSE fosse chiamato ad esercitare il proprio potere di verifica e controllo secondo quanto declinato dall’art. 42 del D.Lgs. n. 28 del 2011 (tra le tante e più recenti: TAR Lazio – Roma sentenze nn. 7219 del 2018 e nn. 11502, 2170 e 2185 del 2019) e che questa attività di verifica può “fisiologicamente” (e, anzi, è quasi sempre la regola) collocarsi anche a valle del provvedimento di ammissione al beneficio, in quanto espressione di un potere immanente di verifica della spettanza del diritto agli incentivi.
L’esclusione dall’ambito di operatività dell’autotutela, quindi, e l’investitura a una sorta di controllore dei propri stessi atti. Ciò comportava (per assurdo, a nostro avviso) che tale attività potesse essere svolta in qualsiasi momento della vita incentivante dell’impianto.
Tale potere incontrava (fortunatamente) un limite temporale nel termine di prescrizione decennale del diritto alla restituzione dei contributi versati indebitamente che, si precisa, va fatto decorrere dalla data di ciascuno dei diversi versamenti avvenuti (TAR Lazio – Roma, sentenza n. 6205/2017). - Voci
Solo qualche voce fuori dal coro (ad esempio, Consiglio di Stato, sentenza n. 5324/2019) ha qualificato il potere di ritiro del provvedimento di assegnazione degli incentivi come espressione di autotutela amministrativa con ogni conseguenza in termini di disciplina applicabile e di requisiti per l’esercizio di tale potere.
La sentenza ha precisato (a nostro avviso, più che ragionevolmente) che, in materia incentivante, non è applicabile la regola dell’immanenza del potere di verifica della spettanza degli incentivi se riferita ai requisiti per l’accesso ad essi. In altre parole, secondo il Consiglio di Stato, non è possibile la rimessa in discussione ad libitum dei presupposti iniziali per l’accesso agli incentivi, senza il rispetto delle necessarie garanzie ed affidamenti in capo alle imprese direttamente coinvolte. Sempre secondo tale sentenza, poiché i rapporti incentivanti sono destinati a durare nel tempo, è ben possibile che il potere di verifica e controllo venga esercitato anche dopo il riconoscimento degli incentivi ma questo deve avere ad oggetto solo il permanere dei presupposti per l’accesso agli incentivi o gli interventi realizzati a posteriori sugli impianti.
Purtroppo, le pronunce che sono seguite si sono conformate al filone giurisprudenziale maggioritario.
3. Il Legislatore di oggi prende posizione: la novità del DL semplificazioni e della Legge di conversione
- La novità è stata introdotta già nel DL 76/2020 c.d. Semplificazioni (atto d’urgenza il cui testo deve essere convertito in Legge entro 60 giorni dall’emanazione) e poi confermata dalla Legge di conversione (L. n. 120/2020). La Legge è in vigore dal 14 settembre scorso e prevede ora che all’art. 42, comma 3 del D.Lgs. n. 28/2011, dopo le parole «Nel caso in cui le violazioni riscontrate nell’ambito dei controlli di cui ai commi 1 e 2 siano rilevanti ai fini dell’erogazione degli incentivi, il GSE» sono aggiunte le seguenti: «in presenza dei presupposti di cui all’articolo 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241».
- A nostro parere, come visto, non sarebbe stato necessario chiarire questa interpretazione. Dato però l’orientamento ormai maggioritario della Giustizia Amministrativa e del GSE, questa disposizione chiarisce che è applicabile anche al settore degli incentivi un limite temporale alla possibilità, per il GSE, di rimeditare i provvedimenti con i quali ha assegnato gli incentivi e questo limite è 18 mesi dal riconoscimento degli stessi.
Non solo. Per annullare il provvedimento di assegnazione degli incentivi dovrà sussistere l’interesse pubblico all’annullamento e si dovrà tener conto degli interessi degli operatori destinatari del provvedimento di annullamento.
La disposizione è espressione del principio del legittimo affidamento, corollario del principio della certezza del diritto, il quale esige che siano tutelate le aspettative legittimamente sorte negli operatori rispetto alla stabilità delle condizioni in cui si trovano ad esercitare la propria attività. Questo, specialmente qualora l’Amministrazione stessa abbia fornito agli interessati assicurazioni e in tal modo abbia fatto sorgere fondate aspettative. - Motivi di un cambiamento
L’intervento normativo in commento pare assai opportuno per sanare quella che appariva come una profonda, ingiustificabile discriminazione di un settore strategico quale quello energetico. I preconcetti cui accennato sopra stanno finalmente cadendo e si comincia a comprendere che è giusto punire chi ha abusato ma non vessare – ad anni di distanza – chi non ha commesso illeciti penalmente rilevanti. Si tenga presente che la complessità della disciplina di accesso agli incentivi è tale che la maggior parte degli impianti, ad una verifica, presenterebbe carenze, specialmente formali. Se il GSE fosse stato strutturato per un controllo immediato, in sede di riconoscimento degli incentivi, molte di tali carenze sarebbero state sanabili ed effettivamente sanate. L’intervento a distanza anche di molti anni, con le logiche difficoltà di ricostruzione della vicenda in capo al soggetto responsabile, non poteva essere tollerato. Non si tratta di tutelare i disonesti – per quelli vi saranno sempre le conseguenze penali, entro i limiti della prescrizione – ma di non mettere in ginocchio una miriade di operatori onesti ma caduti in qualche errore, nella maggior parte dei casi, incolpevole. Si vedrà ora come questa impostazione verrà recepita nel Decreto Ministeriale dedicato ai Controlli, che si attende da anni e pare in dirittura di arrivo. - Inclusioni
Merita sottolineare che con la Legge di conversione, la disciplina dell’annullamento d’ufficio si estende anche al settore termico e all’efficienza energetica.
Inoltre, a nostro avviso, la disciplina si applica non solo alle decadenze totali ma anche a tutti i provvedimenti di rideterminazione degli incentivi, intesi in senso ampio (riconoscimento di un meccanismo incentivante in luogo di un altro, ricalcolo della tariffa base, ritiro dei premi, solo per citare alcune ipotesi). Di fatto, questi atti altro non sono che provvedimenti di decadenza parziale dell’incentivo originariamente riconosciuto. - Esclusioni
Invece rimangono sempre esclusi i casi in cui la condotta dell’operatore sia oggetto di un procedimento penale in corso concluso con sentenza di condanna anche non definitiva. Ma questo è scontati ed è, anzi, auspicabile, per il bene del settore intero.
4. E ora? Cosa può e deve fare un soggetto responsabile quando sarà controllato? E quali strumenti per chi sta subendo ora una verifica o l’ha già subita in passato?
Questa importante novità naturalmente vale per il futuro: il soggetto responsabile potrà quindi invocare la tutela, qualora il GSE in sede di controllo operasse non tenendone conto.
- E per i soggetti con verifica in corso o con procedimento ormai concluso?
Il Legislatore si è premurato di tutelarli, al comma 8 dell’articolo 56.
I procedimenti di annullamento in corso
Anche ad essi si applica la disposizione che estende la disciplina dell’annullamento d’ufficio al settore incentivante (com’è logico che sia, in ossequio al principio tempus regit actum, che impone che a un procedimento venga applicato il diritto in vigore). Anche in tal caso, quindi, il soggetto responsabile ha un’eccezione potentissima in mano da opporre al GSE in sede di controllo.
- I procedimenti conclusi
In tal caso è previsto che si applichi la disposizione, ma solo su richiesta dell’interessato. Si tratta dei procedimenti definiti dal GSE con provvedimenti di decadenza che siano oggetto di:
– giudizi pendenti;
– giudizi conclusi ma con sentenza ancora non passata in giudicato alla data di entrata in vigore del Decreto Legge (17 luglio 2020)
– ricorsi straordinari al Capo dello Stato per cui alla data di entrata in vigore del decreto legge (17 luglio 2020) non era intervenuto il parere del Consiglio di Stato.
Il GSE ha 60 giorni (decorrenti dalla data della richiesta) per revocare il provvedimento di annullamento d’ufficio. - Le posizioni della Giurisprudenza
Con recenti ordinanze cautelari, il Consiglio di Stato ha confermato:
• che la disciplina si applichi effettivamente anche ai provvedimenti oggetto di contenzioso pendente (cfr. C. Stato, IV, ord. 11 settembre 2020, n. 5301);
• che per giovarsi dell’applicazione del comma 8 è indispensabile che l’interessato invii una specifica richiesta al GSE (cfr. C. Stato, IV, ord. 21 settembre 2020, n. 5880). - Il nostro consiglio
Dato che le regole per far valere la disciplina in commento in sostanza impongono di procedere prima di un giudicato, consigliamo di procedere celermente. I soggetti responsabili che hanno subito un provvedimento di decadenza per un procedimento di verifica concluso dal GSE dopo 18 mesi dal riconoscimento dell’incentivo devono ora proporre l’istanza prevista dalla Legge. Consigliamo di motivare adeguatamente l’istanza, sia sotto il profilo fattuale che giuridico, perché è prevedibile una certa difficoltà da parte del GSE nella gestione di questo tema, che prevede un vero e proprio cambiamento di rotta da parte dell’Ente. Riteniamo inoltre consigliabile avviare un dialogo con il GSE per ottenere la revoca del provvedimento di decadenza.